T.A.R.
Bari Puglia, sez. II, 31 agosto 2009, n. 2031
EDILIZIA E URBANISTICA
- Concessione edilizia e licenza di abitabilita' (ora permesso di costruire) necessita'
Permesso di costruire -
Necessità - Costruzione avente carattere stagionale - Sussiste.
Regolamenti comunali
edilizi - Comune di Monopoli - Equiparazione delle costruzioni stagionali a
quelle precarie - Illegittimità per violazione delle norme statali di
principio.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 21 e 26 della legge 1034/71 e successive modifiche e
integrazioni,
sul ricorso numero di registro generale 1165 del 2009, proposto da:
xxxxxxxxxxxxxx, rappresentato e difeso dall'avv. Francesco Paolo
Bello, con domicilio eletto presso Francesco Paolo Bello in Bari, via
P. Amedeo, 82/A;
contro
Comune di Monopoli in Persona del Sindaco, rappresentato e difeso
dall'avv. Lorenzo Dibello, con domicilio eletto presso Francesco
Semeraro in Bari, via Abate Gimma N. 73;
Regione Puglia in Persona del Presidente della Giunta Regionale;
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
- della nota prot. n. 22396 del 05.05.2009, notificata a mezzo posta
in data 22.05.2009, con cui il Dirigente Area VII -Sviluppo Locale-
S.U.A.P. del Comune di Monopoli dichiara, ai sensi dell'art. 4, comma
2, D.P.R. 447/1998, concluso il procedimento di cui all'oggetto, ne
comunica il diniego e, per l'effetto non autorizza la realizzazione
delle strutture precarie alle attività di servizi alla balneazione,
somministrazione di alimenti e bevande, piccolo intrattenimento e
parcheggio in Monopoli, alla Torre Incina -Fg. 1, p.lle 8, 44, 80,
31, 79, 30, 144, 145;
- della nota prot. n. 18453 del 10.04.2009, allegata alla
summenzionata nota prot. n. 22396 del 05.05.2009, con cui il
Dirigente Area Organizzativa Tecnica IV -Edilizia Privata,
Urbanistica, Ambiente del Comune di Monopoli ha espresso parere non
favorevole per quanto di competenza all'installazione delle predette
strutture precarie;
- del parere non favorevole espresso dal responsabile del
procedimento ex art. 4 D.P.R. n. 447/1998, giusta nota del
09.04.2009, priva di numero di protocollo ed anch'essa allegata alla
nota prot. n. 22396 del 05.05.2009;
- nonché di ogni altro atto presupposto, connesso e/o conseguenziale,
ancorché non conosciuto, compresi - ove occorra - i verbali delle
conferenze di servizi tenutesi il 15 ed il 29 giugno 2007, non
conosciuti;
e per la condanna dell'Amministrazione resistente al risarcimento dei
danni subiti dalla società ricorrente per effetto dell'illegittimo
diniego e/o di quelli connessi al ritardo con cui il Comune di
Monopoli ha concluso il procedimento ed ha adottato il provvedimento
finale;.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Monopoli in
Persona del Sindaco;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 23/07/2009 il dott.
Paolo Amovilli e uditi per le parti i difensori come specificato nel
verbale;
Avvisate le stesse parti ai sensi dell'art. 21 decimo comma della
legge n. 1034/71, introdotto dalla legge n. 205/2000;
Considerato che sussistono i presupposti per definire il giudizio nel
merito ai sensi della citata disposizione e dell'art. 26 della stessa
legge n. 1034/1971, della cui applicabilità è stato dato avviso alle
parti presenti alla camera di consiglio del 23/07/2009;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
In data 06.09.2006 la
società "xxxxxxxxxl" odierna ricorrente avanzava istanza di rilascio
del provvedimento unico ex D.p.r. n. 447/1998 finalizzato alla realizzazione di
strutture precarie e temporanee da destinare ad attività di servizi alla
balneazione, somministrazione di alimenti e bevande, da allocare su un fondo
sito in Monopoli loc Torre Incina, censito in catasto al Fg 1 p.lle 44, 80, 31,
79, 30, 144 e 145.
Data l'inerzia
dell'amministrazione, "Xxxxxxxxxxxxxxx" provvedeva a reiterare la propria
istanza il 29.05.2007.
Con nota prot 25796 del
05.07.2007 il Dirigente SUAP evidenziava la necessità di integrazione
documentale, riscontrata dalla "Comet s.r.l" in data 18.07.2007
mediante deposito della relazione paesaggistica semplificata ai sensi del
D.p.c.m. 12.12.2005.
A seguito di istanze di
accesso agli atti, soltanto in data 20.05.2009, con la nota prot 22396 qui
impugnata, il Dirigente SUAP comunicava all'interessata la conclusione del
procedimento de quo, con decisione di diniego, sulla scorta della seguente
motivazione:
" - le strutture
oggetto della proposta non risultano destinate a soddisfare esigenze meramente
temporanee;
- le strutture proposte
non risultano facilmente rimovibili, in quanto sono previste fondazioni in
c.a.;
- non sono rispettati i
parametri dimensionali fissati dall'art. 4 del Regolamento comunale per
l'installazione di strutture temporanee e precarie;
- l'intervento non è
conforme allo strumento urbanistico vigente"
Avverso il predetto
provvedimento, unitamente alla relazione istruttoria a firma del responsabile
del procedimento ex D.p.r. n. 447/98, propone ricorso "xxxxxxxxxxxs.r.l",
deducendo le seguenti doglianze:
I. violazione art.
10-bis l. 241/90, eccesso di potere per carenza istruttoria ed ingiustizia
manifesta.
II. violazione ed
erronea applicazione art. 4 D.p.r. n. 447/98; art. 14 quater l. n. 241/90;
eccesso di potere per carenza istruttoria, erronea presupposizione dei fatti ed
ingiustizia manifesta.
III. violazione ed
erronea applicazione art. 2, 3, 4 e 5 Regolamento di cui alla del. CC n.
20/2007; art. 10 NTA PRG Comune di Monopoli; eccesso di potere per carenza
istruttoria, contradditorietà e falsa presupposizione dei fatti.
Il ricorrente avanzava
infine istanza risarcitoria per il danno da ritardo subito causa il mancato
rispetto del termine di conclusione del procedimento, invocando l'applicazione
del nuovo art. 2-bis l. 241/90 nel testo introdotto dalla recente l.n. 69 del
18 giugno 2009, interpretato in senso innovativo come prescindente dal giudizio
di spettanza dell'utilità finale, id est della assentibilità o meno
dell'intervento richiesto.
Si costituiva in
giudizio l'avvocatura comunale di Monopoli, chiedendo il rigetto nel merito,
eccependo l'infondatezza di tutte le censure di parte ricorrente e, tra
l'altro, la non applicabilità dell'art. 10-bis e comunque la sua incapacità
invalidante ai sensi dell'art. 21-octies l. 241/90, la non precarietà dell'intervento
ed in ogni caso, l'evidente contrasto con i parametri dimensionali stabiliti
dal Regolamento comunale per l'installazione di strutture temporanee e
precarie, oltre che l'inammissibilità e la genericità dell'istanza
risarcitoria.
DIRITTO
Il ricorso è
manifestamente infondato.
Osserva il Collegio
come al di là delle parziali contraddittorietà emergenti dalla motivazione
dell'impugnato provvedimento, che nega il carattere precario dell'intervento
richiesto per poi applicare comunque il Regolamento comunale per
l'installazione di strutture temporanee e precarie, la decisione finale
dell'amministrazione non poteva che essere di segno negativo.
Innanzitutto, in
relazione al carattere precario dell'intervento richiesto dall'odierna
ricorrente, va ribadito che ai fini dell'esenzione della concessione edilizia,
il carattere di precarietà di una costruzione non va desunto dalla possibile
facile e rapida amovibilità dell'opera, ovvero dal tipo più o meno fisso del
suo ancoraggio al suolo, ma dal fatto che la costruzione appaia destinata a
soddisfare una necessità contingente ed essere poi prontamente rimossa, a nulla
rilevando la circostanza che l'impiego del bene sia circoscritto ad una sola
parte dell'anno, ben potendo la stessa essere destinata a soddisfare un bisogno
non provvisorio ma regolarmente ripetibile (T.A.R. Emilia Romagna Bologna 14
gennaio 2009 sent n. 19).
Ne consegue che la
precarietà non va confusa con la stagionalità, allorché le opere siano
destinate a soddisfare esigenze stagionali ma ricorrenti e conseguentemente
vengano a trasformare in modo durevole l'area scoperta preesistente (Cassazione
penale sez III 21 ottobre 1998, T.A.R. Sicilia Catania 19 giugno 1987 n. 631,
Cassazione penale 2006 n. 13705, T.A.R. Lazio 2002 n. 1595) con conseguente
permanente impatto sul territorio.
Sul punto, la
ricomprensione da parte del citato Regolamento comunale delle strutture
stagionali tra quelle precarie (art. 2.1) deve essere letta in chiave
sistematica, in conformità in particolare alla vigente normative primaria
statale e regionale in materia edilizia, vincolante quantomeno in relazione ai
principi in essa contenuti per la potestà regolamentare locale, con conseguente
disapplicazione in parte qua per contrasto con la disciplina del T.U. edilizia,
come costantemente interpretato dalla giurisprudenza penale ed amministrativa.
È infatti possibile come noto per il G.A. la disapplicazione (rectius, la
constatazione dell'effetto invalidante) di un regolamento in contrasto con
fonti normative primarie anche in sede di giurisdizione generale di
legittimità, per il principio di gerarchia delle fonti, e anche a prescindere
da relativa istanza di parte (ex multis T.A.R. Abruzzo L'Aquila, sez. I, 09
aprile 2008, n. 526)
Corretto è dunque il
motivo di diniego comunale fondato sulla non precarietà dell'intervento in
questione, e infondate le censure di parte ricorrente, motivo che da solo è già
pienamente idoneo a determinare la legittimità dell'impugnato provvedimento,
dal momento che con riguardo alla legittimità in sé dei motivi ostativi, si
deve ribadire il generale principio secondo cui, "in presenza di una
pluralità di motivi di diniego, è sufficiente la legittimità di uno solo di
essi per giustificare il provvedimento negativo. In caso di diniego sorretto da
più ragioni giustificatrici fra loro autonome è sufficiente a sorreggere la
legittimità dell'atto impugnato anche di una sola di esse" (Consiglio di
Stato sez. IV 3 aprile 2006, n. 1725; sez IV, 20 dicembre 2002, n. 7251, sez IV
10 dicembre 2007 n. 6325, TAR Lazio Roma sez II 01 luglio 2008 n. 6346).
Per mera completezza,
anche volendo ritenere precaria la struttura richiesta dalla società
ricorrente, in applicazione dell'art. 2.1 del Regolamento comunale per
l'installazione di strutture temporanee e precarie, risultano nella fattispecie
per cui vi è causa del tutto ostativi i limiti dimensionali fissati dal citato
Regolamento, il cui limite di 180 mq per le strutture da realizzarsi su suolo
privato è del tutto violato.
Infatti, l'esclusione
dal calcolo del predetto limite della superfice per servizi ivi prevista va
circoscritta sotto il profilo urbanistico ai servizi di carattere accessorio
(es servizi igienici, cucine) e non certo alle strutture funzionali
all'attività di impresa quali superfici coperte, che sono produttive di volume.
Appare comunque evidente che le dimensioni progettuali dell'intervento non
possano comunque rientrare nello stretto limite dimensionale di cui al citato
Regolamento, peraltro funzionale e coerente con il carattere precario e
temporaneo delle strutture da esso disciplinate.
Ne consegue
l'infondatezza anche della censura di violazione dell'art. 10-bis, poiché in
disparte la questione dell'applicabilità o meno al procedimento speciale di cui
al D.p.r. n. 447/98, il carattere vincolato dell'attività amministrativa volto
all'esame di istanze abilitative edilizie, unito alla dimostrata non
modificabilità del contenuto del dispositivo finale di rigetto, ne comporta la
non annullabilità in giudizio, in applicazione della norma processuale di cui
all'art. 21-octies comma secondo primo allinea, applicabile anche al vizio
procedimentale di violazione dell'art. 10-bis (Consiglio di Stato sez. VI 22
maggio 2008 sent. n. 2542).
L'istanza risarcitoria
per danno da ritardo è infondata. In disparte la questione dell'applicabilità
al presente giudizio del nuovo art. 2-bis l. 241/90 nel testo introdotto dalla
l. 18 giugno 2009 n. 69 secondo cui "le pubbliche amministrazioni e i
soggetti di cui all'art. 1 comma 1-ter, sono tenuti al risarcimento del danno
ingiusto cagionato in conseguenza dell'inosservanza dolosa o colposa del
termine di conclusione del procedimento" e della sua interpretazione come
danno da "mero ritardo", sganciato cioè dal conseguimento
dell'utilità finale - opzione ermeneutica che da una prima lettura potrebbe pur
dirsi non priva di fondamento - la domanda del ricorrente risulta del tutto
carente della dimostrazione del danno patito, essendo del tutto genericamente
ed apoditticamente quantificato un danno pari a 500.000 euro senza alcuna
indicazione dei relativi fatti costritutivi.
In materia di azione
risarcitoria da lesione di interesse legittimo va pertanto confermato che
sussiste a carico del danneggiato l'onere della prova ex art. 2967 c.c. e 115
c. 1° c.p.c. esteso a tutti gli elementi costitutivi della pretesa, non valendo
il principio dispositivo con metodo acquisitivo riferibile alla sola tutela
giurisdizionale amministrativa demolitoria (Consiglio di Stato sez. IV 4 maggio
2005 n. 2136, sez. V 17 ottobre 2008 n. 5098, sez IV 4 febbraio 2008 n. 306).
Tale onere ricomprende
naturalmente la prova del danno, per il quale non può soccorrere la consulenza
tecnica. La giurisprudenza del G.A ritiene che la consulenza tecnica non è
mezzo di prova in senso proprio, e non può pertanto supplire all'onere
probatorio della parte, con conseguente inammissibilità di una domanda
risarcitoria formulata in termini generici senza specifica allegazione dei
fatti costitutivi (Cons. Stato, Sez. IV, 4 febbraio 2008, n. 306). Anche il
ricorso alla c.d. "sentenza sui criteri" ex art. 35, comma 2, d.lgs.
n. 80/1998, di liquidazione del danno richiede in ogni caso che sia stata
accertata l'esistenza del danno stesso e che il giudice sia in grado di
individuare i criteri generali che saranno di guida per la formulazione
dell'offerta da parte della P.A.; ne consegue che il meccanismo processuale
divisato dal menzionato art. 35 non può essere strumentalizzato per eludere
l'obbligo di allegazione dei fatti costitutivi del proprio diritto. Sotto tale
profilo, anche se può ammettersi, come nel giudizio civile, il ricorso alle
presunzioni semplici ex art. 2729 c.c. per fornire la prova del danno e della
sua entità, non si può prescindere dall'allegazione di specifiche circostanze
di fatto (Consiglio Stato , sez. V, 13 giugno 2008, n. 2967)
Se ciò vale per le
fattispecie di responsabilità da danno cagionato da provvedimento illegittimo,
tanto più deve valere per i danni la cui fonte sia collegata ad una colpevole
inerzia nella definizione del procedimento attributivo di utilità finali per il
ricorrente (c.d. comportamento amministrativo).
Pertanto l'istanza
risarcitoria è infondata.
Per i suesposti motivi
il ricorso è infondato e va respinto. Si prescinde dall'esame delle ulteriori
censure di parte ricorrente poiché comunque non idonee a determinare
l'annullamento dell'atto gravato.
Condanna il ricorrente
alla refusione delle spese di lite da liquidarsi secondo dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale
Amministrativo Regionale per la Puglia - Bari sez II, pronunciando sul ricorso
in epigrafe, lo respinge.
Dichiara infondata la
domanda risarcitoria.
Condanna il ricorrente
alla refusione delle spese di lite da liquidarsi in 2.500 euro, oltre agli
accessori di legge.
Ordina che la presente
sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Bari
nella camera di consiglio del giorno 23/07/2009 con l'intervento dei
Magistrati:
Pietro Morea,
Presidente
Roberta Ravasio,
Referendario
Paolo Amovilli,
Referendario, Estensore
DEPOSITATA IN
SEGRETERIA IL 31 AGO. 2009.