domenica 11 dicembre 2011

Regolamento Comune di Monopoli opere precarie, illegittimità


T.A.R.
 Bari  Puglia, sez. II31 agosto 2009, n. 2031

EDILIZIA E URBANISTICA - Concessione edilizia e licenza di abitabilita' (ora permesso di costruire) necessita'


Permesso di costruire - Necessità - Costruzione avente carattere stagionale - Sussiste.
Regolamenti comunali edilizi - Comune di Monopoli - Equiparazione delle costruzioni stagionali a quelle precarie - Illegittimità per violazione delle norme statali di principio. 


REPUBBLICA ITALIANA
                     IN NOME DEL POPOLO ITALIANO                     
         Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia         
                          (Sezione Seconda)                          
ha pronunciato la presente                                           
                              SENTENZA                               
ex art. 21  e  26  della  legge  1034/71  e  successive  modifiche  e
integrazioni,                                                        
sul ricorso numero di registro generale 1165 del 2009, proposto da:  
xxxxxxxxxxxxxx, rappresentato  e  difeso  dall'avv.  Francesco  Paolo
Bello, con domicilio eletto presso Francesco Paolo Bello in Bari, via
P. Amedeo, 82/A;                                                     
                               contro                                
Comune di Monopoli in Persona del  Sindaco,  rappresentato  e  difeso
dall'avv. Lorenzo Dibello,  con  domicilio  eletto  presso  Francesco
Semeraro in Bari, via Abate Gimma N. 73;                             
Regione Puglia in Persona del Presidente della Giunta Regionale;     
                         per l'annullamento                          
                 previa sospensione dell'efficacia,                  
- della nota prot. n. 22396 del 05.05.2009, notificata a mezzo  posta
in data 22.05.2009, con cui il Dirigente Area VII  -Sviluppo  Locale-
S.U.A.P. del Comune di Monopoli dichiara, ai sensi dell'art. 4, comma
2, D.P.R. 447/1998, concluso il procedimento di cui  all'oggetto,  ne
comunica il diniego e, per l'effetto non autorizza  la  realizzazione
delle strutture precarie alle attività di servizi  alla  balneazione,
somministrazione di alimenti e  bevande,  piccolo  intrattenimento  e
parcheggio in Monopoli, alla Torre Incina -Fg. 1, p.lle  8,  44,  80,
31, 79, 30, 144, 145;                                                
-  della  nota  prot.  n.  18453  del  10.04.2009,   allegata    alla
summenzionata  nota  prot.  n.  22396  del  05.05.2009,  con  cui  il
Dirigente  Area  Organizzativa  Tecnica   IV    -Edilizia    Privata,
Urbanistica, Ambiente del Comune di Monopoli ha espresso  parere  non
favorevole per quanto di competenza all'installazione delle  predette
strutture precarie;                                                  
-  del  parere  non  favorevole  espresso  dal    responsabile    del
procedimento  ex  art.  4  D.P.R.  n.  447/1998,  giusta  nota    del
09.04.2009, priva di numero di protocollo ed anch'essa allegata  alla
nota prot. n. 22396 del 05.05.2009;                                  
- nonché di ogni altro atto presupposto, connesso e/o conseguenziale,
ancorché non conosciuto, compresi - ove occorra  -  i  verbali  delle
conferenze di servizi tenutesi il  15  ed  il  29  giugno  2007,  non
conosciuti;                                                          
e per la condanna dell'Amministrazione resistente al risarcimento dei
danni subiti dalla società ricorrente  per  effetto  dell'illegittimo
diniego e/o di quelli connessi  al  ritardo  con  cui  il  Comune  di
Monopoli ha concluso il procedimento ed ha adottato il  provvedimento
finale;.                                                             
Visto il ricorso con i relativi allegati;                            
Visto l'atto di costituzione in giudizio di  Comune  di  Monopoli  in
Persona del Sindaco;                                                 
Viste le memorie difensive;                                          
Visti tutti gli atti della causa;                                    
Relatore nella camera di consiglio del  giorno  23/07/2009  il  dott.
Paolo Amovilli e uditi per le parti i difensori come specificato  nel
verbale;                                                             
Avvisate le stesse parti ai sensi dell'art.  21  decimo  comma  della
legge n. 1034/71, introdotto dalla legge n. 205/2000;                
Considerato che sussistono i presupposti per definire il giudizio nel
merito ai sensi della citata disposizione e dell'art. 26 della stessa
legge n. 1034/1971, della cui applicabilità è stato dato avviso  alle
parti presenti alla camera di consiglio del 23/07/2009;              
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:              

FATTO
In data 06.09.2006 la società "xxxxxxxxxl" odierna ricorrente avanzava istanza di rilascio del provvedimento unico ex D.p.r. n. 447/1998 finalizzato alla realizzazione di strutture precarie e temporanee da destinare ad attività di servizi alla balneazione, somministrazione di alimenti e bevande, da allocare su un fondo sito in Monopoli loc Torre Incina, censito in catasto al Fg 1 p.lle 44, 80, 31, 79, 30, 144 e 145.
Data l'inerzia dell'amministrazione, "Xxxxxxxxxxxxxxx" provvedeva a reiterare la propria istanza il 29.05.2007.
Con nota prot 25796 del 05.07.2007 il Dirigente SUAP evidenziava la necessità di integrazione documentale, riscontrata dalla "Comet s.r.l" in data 18.07.2007 mediante deposito della relazione paesaggistica semplificata ai sensi del D.p.c.m. 12.12.2005.
A seguito di istanze di accesso agli atti, soltanto in data 20.05.2009, con la nota prot 22396 qui impugnata, il Dirigente SUAP comunicava all'interessata la conclusione del procedimento de quo, con decisione di diniego, sulla scorta della seguente motivazione:
" - le strutture oggetto della proposta non risultano destinate a soddisfare esigenze meramente temporanee;
- le strutture proposte non risultano facilmente rimovibili, in quanto sono previste fondazioni in c.a.;
- non sono rispettati i parametri dimensionali fissati dall'art. 4 del Regolamento comunale per l'installazione di strutture temporanee e precarie;
- l'intervento non è conforme allo strumento urbanistico vigente"
Avverso il predetto provvedimento, unitamente alla relazione istruttoria a firma del responsabile del procedimento ex D.p.r. n. 447/98, propone ricorso "xxxxxxxxxxxs.r.l", deducendo le seguenti doglianze:
I. violazione art. 10-bis l. 241/90, eccesso di potere per carenza istruttoria ed ingiustizia manifesta.
II. violazione ed erronea applicazione art. 4 D.p.r. n. 447/98; art. 14 quater l. n. 241/90; eccesso di potere per carenza istruttoria, erronea presupposizione dei fatti ed ingiustizia manifesta.
III. violazione ed erronea applicazione art. 2, 3, 4 e 5 Regolamento di cui alla del. CC n. 20/2007; art. 10 NTA PRG Comune di Monopoli; eccesso di potere per carenza istruttoria, contradditorietà e falsa presupposizione dei fatti.
Il ricorrente avanzava infine istanza risarcitoria per il danno da ritardo subito causa il mancato rispetto del termine di conclusione del procedimento, invocando l'applicazione del nuovo art. 2-bis l. 241/90 nel testo introdotto dalla recente l.n. 69 del 18 giugno 2009, interpretato in senso innovativo come prescindente dal giudizio di spettanza dell'utilità finale, id est della assentibilità o meno dell'intervento richiesto.
Si costituiva in giudizio l'avvocatura comunale di Monopoli, chiedendo il rigetto nel merito, eccependo l'infondatezza di tutte le censure di parte ricorrente e, tra l'altro, la non applicabilità dell'art. 10-bis e comunque la sua incapacità invalidante ai sensi dell'art. 21-octies l. 241/90, la non precarietà dell'intervento ed in ogni caso, l'evidente contrasto con i parametri dimensionali stabiliti dal Regolamento comunale per l'installazione di strutture temporanee e precarie, oltre che l'inammissibilità e la genericità dell'istanza risarcitoria.

DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato.
Osserva il Collegio come al di là delle parziali contraddittorietà emergenti dalla motivazione dell'impugnato provvedimento, che nega il carattere precario dell'intervento richiesto per poi applicare comunque il Regolamento comunale per l'installazione di strutture temporanee e precarie, la decisione finale dell'amministrazione non poteva che essere di segno negativo.
Innanzitutto, in relazione al carattere precario dell'intervento richiesto dall'odierna ricorrente, va ribadito che ai fini dell'esenzione della concessione edilizia, il carattere di precarietà di una costruzione non va desunto dalla possibile facile e rapida amovibilità dell'opera, ovvero dal tipo più o meno fisso del suo ancoraggio al suolo, ma dal fatto che la costruzione appaia destinata a soddisfare una necessità contingente ed essere poi prontamente rimossa, a nulla rilevando la circostanza che l'impiego del bene sia circoscritto ad una sola parte dell'anno, ben potendo la stessa essere destinata a soddisfare un bisogno non provvisorio ma regolarmente ripetibile (T.A.R. Emilia Romagna Bologna 14 gennaio 2009 sent n. 19).
Ne consegue che la precarietà non va confusa con la stagionalità, allorché le opere siano destinate a soddisfare esigenze stagionali ma ricorrenti e conseguentemente vengano a trasformare in modo durevole l'area scoperta preesistente (Cassazione penale sez III 21 ottobre 1998, T.A.R. Sicilia Catania 19 giugno 1987 n. 631, Cassazione penale 2006 n. 13705, T.A.R. Lazio 2002 n. 1595) con conseguente permanente impatto sul territorio.
Sul punto, la ricomprensione da parte del citato Regolamento comunale delle strutture stagionali tra quelle precarie (art. 2.1) deve essere letta in chiave sistematica, in conformità in particolare alla vigente normative primaria statale e regionale in materia edilizia, vincolante quantomeno in relazione ai principi in essa contenuti per la potestà regolamentare locale, con conseguente disapplicazione in parte qua per contrasto con la disciplina del T.U. edilizia, come costantemente interpretato dalla giurisprudenza penale ed amministrativa. È infatti possibile come noto per il G.A. la disapplicazione (rectius, la constatazione dell'effetto invalidante) di un regolamento in contrasto con fonti normative primarie anche in sede di giurisdizione generale di legittimità, per il principio di gerarchia delle fonti, e anche a prescindere da relativa istanza di parte (ex multis T.A.R. Abruzzo L'Aquila, sez. I, 09 aprile 2008, n. 526)
Corretto è dunque il motivo di diniego comunale fondato sulla non precarietà dell'intervento in questione, e infondate le censure di parte ricorrente, motivo che da solo è già pienamente idoneo a determinare la legittimità dell'impugnato provvedimento, dal momento che con riguardo alla legittimità in sé dei motivi ostativi, si deve ribadire il generale principio secondo cui, "in presenza di una pluralità di motivi di diniego, è sufficiente la legittimità di uno solo di essi per giustificare il provvedimento negativo. In caso di diniego sorretto da più ragioni giustificatrici fra loro autonome è sufficiente a sorreggere la legittimità dell'atto impugnato anche di una sola di esse" (Consiglio di Stato sez. IV 3 aprile 2006, n. 1725; sez IV, 20 dicembre 2002, n. 7251, sez IV 10 dicembre 2007 n. 6325, TAR Lazio Roma sez II 01 luglio 2008 n. 6346).
Per mera completezza, anche volendo ritenere precaria la struttura richiesta dalla società ricorrente, in applicazione dell'art. 2.1 del Regolamento comunale per l'installazione di strutture temporanee e precarie, risultano nella fattispecie per cui vi è causa del tutto ostativi i limiti dimensionali fissati dal citato Regolamento, il cui limite di 180 mq per le strutture da realizzarsi su suolo privato è del tutto violato.
Infatti, l'esclusione dal calcolo del predetto limite della superfice per servizi ivi prevista va circoscritta sotto il profilo urbanistico ai servizi di carattere accessorio (es servizi igienici, cucine) e non certo alle strutture funzionali all'attività di impresa quali superfici coperte, che sono produttive di volume. Appare comunque evidente che le dimensioni progettuali dell'intervento non possano comunque rientrare nello stretto limite dimensionale di cui al citato Regolamento, peraltro funzionale e coerente con il carattere precario e temporaneo delle strutture da esso disciplinate.
Ne consegue l'infondatezza anche della censura di violazione dell'art. 10-bis, poiché in disparte la questione dell'applicabilità o meno al procedimento speciale di cui al D.p.r. n. 447/98, il carattere vincolato dell'attività amministrativa volto all'esame di istanze abilitative edilizie, unito alla dimostrata non modificabilità del contenuto del dispositivo finale di rigetto, ne comporta la non annullabilità in giudizio, in applicazione della norma processuale di cui all'art. 21-octies comma secondo primo allinea, applicabile anche al vizio procedimentale di violazione dell'art. 10-bis (Consiglio di Stato sez. VI 22 maggio 2008 sent. n. 2542).
L'istanza risarcitoria per danno da ritardo è infondata. In disparte la questione dell'applicabilità al presente giudizio del nuovo art. 2-bis l. 241/90 nel testo introdotto dalla l. 18 giugno 2009 n. 69 secondo cui "le pubbliche amministrazioni e i soggetti di cui all'art. 1 comma 1-ter, sono tenuti al risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell'inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento" e della sua interpretazione come danno da "mero ritardo", sganciato cioè dal conseguimento dell'utilità finale - opzione ermeneutica che da una prima lettura potrebbe pur dirsi non priva di fondamento - la domanda del ricorrente risulta del tutto carente della dimostrazione del danno patito, essendo del tutto genericamente ed apoditticamente quantificato un danno pari a 500.000 euro senza alcuna indicazione dei relativi fatti costritutivi.
In materia di azione risarcitoria da lesione di interesse legittimo va pertanto confermato che sussiste a carico del danneggiato l'onere della prova ex art. 2967 c.c. e 115 c. 1° c.p.c. esteso a tutti gli elementi costitutivi della pretesa, non valendo il principio dispositivo con metodo acquisitivo riferibile alla sola tutela giurisdizionale amministrativa demolitoria (Consiglio di Stato sez. IV 4 maggio 2005 n. 2136, sez. V 17 ottobre 2008 n. 5098, sez IV 4 febbraio 2008 n. 306).
Tale onere ricomprende naturalmente la prova del danno, per il quale non può soccorrere la consulenza tecnica. La giurisprudenza del G.A ritiene che la consulenza tecnica non è mezzo di prova in senso proprio, e non può pertanto supplire all'onere probatorio della parte, con conseguente inammissibilità di una domanda risarcitoria formulata in termini generici senza specifica allegazione dei fatti costitutivi (Cons. Stato, Sez. IV, 4 febbraio 2008, n. 306). Anche il ricorso alla c.d. "sentenza sui criteri" ex art. 35, comma 2, d.lgs. n. 80/1998, di liquidazione del danno richiede in ogni caso che sia stata accertata l'esistenza del danno stesso e che il giudice sia in grado di individuare i criteri generali che saranno di guida per la formulazione dell'offerta da parte della P.A.; ne consegue che il meccanismo processuale divisato dal menzionato art. 35 non può essere strumentalizzato per eludere l'obbligo di allegazione dei fatti costitutivi del proprio diritto. Sotto tale profilo, anche se può ammettersi, come nel giudizio civile, il ricorso alle presunzioni semplici ex art. 2729 c.c. per fornire la prova del danno e della sua entità, non si può prescindere dall'allegazione di specifiche circostanze di fatto (Consiglio Stato , sez. V, 13 giugno 2008, n. 2967)
Se ciò vale per le fattispecie di responsabilità da danno cagionato da provvedimento illegittimo, tanto più deve valere per i danni la cui fonte sia collegata ad una colpevole inerzia nella definizione del procedimento attributivo di utilità finali per il ricorrente (c.d. comportamento amministrativo).
Pertanto l'istanza risarcitoria è infondata.
Per i suesposti motivi il ricorso è infondato e va respinto. Si prescinde dall'esame delle ulteriori censure di parte ricorrente poiché comunque non idonee a determinare l'annullamento dell'atto gravato.
Condanna il ricorrente alla refusione delle spese di lite da liquidarsi secondo dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia - Bari sez II, pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo respinge.
Dichiara infondata la domanda risarcitoria.
Condanna il ricorrente alla refusione delle spese di lite da liquidarsi in 2.500 euro, oltre agli accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 23/07/2009 con l'intervento dei Magistrati:
Pietro Morea, Presidente
Roberta Ravasio, Referendario
Paolo Amovilli, Referendario, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 31 AGO. 2009.